Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per migliorarne l'esperienza di navigazione e consentire a chi naviga di usufruire dei nostri servizi online. Se prosegui nella navigazione acconsenti all'utilizzo dei cookie.
Per maggiori informazioni leggi la privacy policy e la cookie policy presenti nel sito.

Halloween tra vecchie angosce e nuovi terrorismi

La notizia
E se questa volta gli spiriti malvagi si materializzassero? Se lo è chiesto in un inchiesta il Wall Street Journal e se lo chiedono milioni di americani che di stanno preparando alla festa di Halloween. Con i bambini che scelgono i costumi da indossare la notte del 31 ottobre per poi andare da una casa all'altra dei vicini, formulando l'innocua minaccia: "dolcetto o scherzetto"?
''Il corriere della Sera, di sabato 20 ottobre 2001

Il commento
Il nuovo incubo terroristico si chiama antrace.
Il postino contagiato a Washington è morto; la camera e il senato USA restano chiusi.

Ora, tenere sotto controllo la paura e la nevrosi è forse il compito più difficile...migliaia di persone potrebbero essere contaminate...anche i telegiornali e i mass media divulgano ormai notizie agghiaccianti, senza protezione per le" psicosi collettive".

Bacilli come antrace, vaiolo o anche gas nervini diventano i protagonisti dei nostri pensieri, e dei nostri incubi notturni.

La spirale della guerra infrange tutte le barriere ed in qualche modo, paradossalmente, elimina le diversità; sembra che a tutti noi possa toccare la stessa sorte e che una polverina mortifera vada lentamente spargendosi sulle nostre parti vitali.

Di fronte a questo appiattimento delle aspettative e delle progettualità di ciascuno, dobbiamo ritrovare un bagliore di vita.
Alla mostruosa dispersione di ogni nostro slancio vitale, di ogni speranza e progetto per il futuro nostro e dei nostri figli, dobbiamo cercare di opporre una forte e consapevole presa di coscienza che ci permetta di rispondere in maniera soggettiva e non massificata.
Questo attacco terroristico, prima di attentare alla nostra incolumità fisica, sicuramente mette a repentaglio la nostra incolumità psichica.

Ognuno di noi rischia di diventare un potenziale paranoico capace di scambiare dell'innocuo zucchero sui dolcetti di Halloween per polvere di antrace.

Da tempo si parlava della possibilità del bio-terrorismo, ma si diceva che il completamento del progetto-genoma e l'approfondimento del sapere, riguardo a malattie di tipo epidemico come l'antrace e il botulismo, avrebbero permesso, in un prossimo futuro, di ottenere vaccini in grado di proteggere le società occidentali da possibili attentati, oltre che da epidemie di tipo naturale.

Paradossalmente, il nuovo incubo terroristico parte da un'anonima lettera d'amore, scritta alla attrice cantante Jennifer Lopez e recapitata alla redazione del giornale scandalistico Sun in Florida, una settimana prima dell'11 settembre.
Assieme alla lettera c'era della polvere bianca e un talismano ebraico, e come tante lettere di fans è stata cestinata. Dopo un mese, Robert Stevens, fotografo del settimanale Sun, è morto stroncato dal carbonchio e ora si indaga su quella lettera.

Il dottor Gupta, famosissimo neurochirurgo e consulente medico della Cnn cerca di tranquillizzare milioni di americani spaventati dal nuovo incubo del terrorismo biologico con queste parole: "l'antrace è un virus pericoloso, causa una malattia, il carbonchio, che può essere mortale. Tuttavia è una malattia che non si trasmette da uomo a uomo attraverso il respiro, come l'influenza. Può essere curata con diversi tipi di antibiotici facilmente reperibili sul mercato...."

Anche a Milano è scoppiata la "psicosi" da polverina.
La paura del carbonchio dilaga . L'Asl sta tenendo segreti i falsi allarmi. L'ultima scoperta della famigerata polverina bianca è stata fatta allo scalo ferroviario Fiorenza, in via Triboniano, il deposito dove si fa manutenzione degli Eurostar.

Quando qualcosa di molto forte, come ad esempio la morte, esce dalle consuetudini, si crea un vuoto emozionale nel quale entrano paura e ansietà, mistero e incertezza.

Dapprima ci siamo trovati ad affrontare la visione della catastrofe delle torri gemelle in diretta, poi giorno dopo giorno, ora dopo ora, le stesse sconvolgenti immagini ci sono state riproposte, costantemente, in modo ossessivo, senza quiete. Quelle sequenze fotografiche, si sono trasformate in una unica immagine alla moviola che, al rallentatore, fa sprofondare, dalle torri di relativa sicurezza, in un mondo di macerie, dove tutto deve essere ripensato per non soccombere, sempre che ci sia concesso.

Allora, il rapporto fra fotografia e morte, il perturbante - l"unheimlich"- di cui ci parla Freud, diventa più chiaro e imperioso e va a sostituirsi a quel vago senso di nostalgico impedimento che tante volte rende difficile, a nostra insaputa, ordinare le fotografie in album.

Sembra così più chiaro il senso di imbarazzo che si può provare davanti a una fotografia perché nel momento stesso in cui è scattata, si partecipa alla mutabilità della persona, il "qui ed ora" del soggetto è già passato e inizia la nostalgia del ricordo, del non più...

Tutto questo è un utile esercizio di micro - separazioni, nostalgici rimpianti di una giovinezza che sta passando, visi di nostri cari che nel blocco delle foto, immobili, ci richiamano ad altri tempi perduti.

Ben altra cosa è vedere e rivedere per mille sequenze drammaticamente sempre uguali, le immagini dello sgretolamento delle due torri, e pensare che in quell'istante ripetuto all'infinito, coperti da un pietoso velo di polvere, migliaia di corpi, di vite, di progetti futuri, di pensieri vitali, si sono schiantati al suolo, in un fragore, questa volta sì, globale.

La reazione di ciascuno di noi a questi fatti è fortemente soggettiva, ma, comunque, essi hanno inciso profondamente sul nostro modo di essere sulla terra.

. Le immagini che si ripetono ossessivamente, si incuneano nelle menti come un "memento" che travalica l'obbiettiva tragica realtà americana.

La fotografia è servita anche a questa funzione simbolica.

Lo sgomento prodotto dai fatti e sostenuto dalle immagini di distruzione e morte, sta ora, con il terrorismo biologico, toccando stadi ancora più primitivi di paure ancestrali.

La contaminazione mortale può provenire da qualunque fonte e ciò è profondamente destabilizzante.

Ora non abbiamo immagini, a cui appellarci, per significare il nostro sgomento.
È una paura più sorda e insidiosa, che non ha volto: non si fotografa il batterio e neppure le persone contaminate; adesso dobbiamo davvero fare i conti, ciascuno con i propri fantasmi, e, con questi, imparare a convivere.
Il veicolo della morte è diffuso e non ha forma.
Sembra che nessuno abbia protezione, tutti sono potenzialmente esposti.
Questo fa sì che ciascuno venga risucchiato indietro verso angosce senza nome in cui, il bambino che è in noi, non ha strumenti di simbolizzazione. Ciascuno, per quanto adulto, deve forzatamente fare i conti con il bambino impaurito che è stato e con il bambino che è ancora.

Difficile compito, allora, quello di genitori perché costretti a tenere a bada i bambini che hanno e i bambini che sono.

Anche i bambini più fortunati, quelli non toccati direttamente dalle morti, sono stati privati della possibilità di esorcizzare le proprie paure con spensieratezza.

La festa di Halloween ne è un esempio simbolico.
"Dolcetti o scherzetti"; fino ad oggi, con questo ritornello giocoso, generazioni di bambini hanno potuto prendere contatto col mondo pauroso e sconosciuto dei morti, complici gli adulti .

Ma ora, come sarà quest'anno?

I bambini devono fare i conti con la soggettività e le fantasie dei genitori e ne subiscono l'influenza.

Ecco allora che, inaspettatamente, attraverso la notizia giornalistica della paura per la festa di Halloween, i bambini tornano in scena. Noi adulti, presi dallo sconvolgimento degli attacchi terroristici, ci siamo forse dimenticati di loro, di quei piccoli americani che possono avere ancora, dentro di sé, il desiderio di partecipare, come ogni anno, il 31 ottobre a questa festa e che mai come adesso hanno bisogno di esorcizzare.

Il bambino nutre dentro di sé il bisogno della normalità per poter crescere. Noi analisti sappiamo che può sviluppare la sua vitale capacità di affidarsi e fidarsi solo se sostenuto, durante il percorso evolutivo, da "una madre sufficientemente buona", come direbbe Winnicott.

Dove ovviamente per" madre" intendiamo tutto l'ambiente generativo.
Ma come è possibile, mi domando, provare, in questo momento, fiducia e serenità da trasmettere ai nostri figli?

Hanno bisogno di giocare, ridere, gioire...oggi questo è molto più difficile, e l'allegria di una mamma americana rischia di essere disarmonica con il resto dei suoi pensieri.

Come si deve affrontare il tema della guerra e della violenza con i piccoli che si affacciano ora alla vita?

Stiamo con i nostri bambini, parliamo loro, in un linguaggio semplice, delle nostre e delle loro paure, ascoltiamoli, non utilizziamo la negazione come semplice meccanismo di difesa! Solo così potranno vivere le loro feste, affrontare le paure, sentirsi sorretti da genitori capaci di ammettere le loro ansie, senza necessità di trasformarsi in super-man.

Perché, possiamo ammetterlo, la tragedia americana ha scaraventato anche noi adulti in un baratro di incertezze che dobbiamo faticosamente e lentamente elaborare, per presentarci ai nostri figli quali loro ci vogliono, e cioè veri.