Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per migliorarne l'esperienza di navigazione e consentire a chi naviga di usufruire dei nostri servizi online. Se prosegui nella navigazione acconsenti all'utilizzo dei cookie.
Per maggiori informazioni leggi la privacy policy e la cookie policy presenti nel sito.

Come per magia...

La notizia
In occasione della Conferenza Scientifica Internazionale (Roma, 9 novembre 2002), svoltasi nel quadro degli incontri dedicati alla ricerca e alla relativa informazione, Umberto Eco è intervenuto con "La percezione della scienza da parte dell'opinione pubblica e dei media", pubblicato da La Repubblica. Eco rintraccia in molte espressioni della vita odierna una certa confusione tra il percorso lento e faticoso della scienza e l'esigenza del "tutto e subito" della tecnologia. Il desiderio della simultaneità tra causa ed effetto, peculiare della magia, si è trasferito alla tecnologia che ci occulta la catena dei procedimenti necessari ad ottenere un determinato risultato. Lo scienziato di fronte alla pressante domanda di promesse miracolose da parte dei mass media dovrebbe preoccuparsi di una divulgazione illuminata, che miri a costruire, pazientemente, un'immagine non magica della scienza nella coscienza collettiva.
La Repubblica, 10 novembre 2002

Mariella Torasso Il commento
Indubbiamente una società come la nostra, che vive al limite del maniacale e che ha pochi spazi di ascolto e di riflessione, è attenta ad un "sempre di più", un "sempre meglio", un "sempre più efficiente" che dilatano all'inverosimile la tensione al superamento.

La stanchezza di un anelito incessante che non sa posarsi e centellinare il piacere - seppure discreto - del presente, cerca nella magia del "cortocircuito sempre trionfante tra la causa presunta e l'effetto sperato" una conferma all'ansia irrinunciabile dell'andare oltre.

Nella storia dell'uomo magia ha innanzitutto rappresentato un tentativo di identificarsi con le forze inconsce per dominarle meglio: spiriti o poteri proiettati su esseri viventi od oggetti non erano altro - allora come adesso - che contenuti psichici con cui la coscienza non aveva ancora imparato a fare i conti.

Il bisogno di magia che convince l'uomo odierno ad ignorare la dimensione propria della scienza è esperienza di tutti i giorni che occhieggia dalle proposte massmediatiche, dalla sempre maggiore incapacità di tollerare la frustrazione e di posticipare la soddisfazione, dalle relazioni superficiali che spesso sostanziano la nostra vita "di corsa". Possiamo, con ben poca soddisfazione - muovendo un solo dito per premere un pulsante - velocizzare le operazioni e dimostrare di poter animare e dominare un televisore, un cancello, un ascensore, una lavatrice, ma con altrettanta indifferenza possiamo rinunciare alla fatica di dialogare con chi è seduto accanto a noi sul treno, per intrattenere al cellulare conversazioni rassicuranti secondo un copione consumato.

L'efficienza della tecnologia è comunque senz'anima e l'uomo che vi si affida senza riserve finisce inevitabilmente per ritrovarsi nella condizione di quei protagonisti di fiabe che sono alle prese con la formulazione di desideri. Sollecitati dal personaggio magico di turno ad esprimere un numero finito di desideri, invariabilmente non sanno contenere la spinta a volere ancora sempre e stoltamente, di propria mano, azzerano i benefici precedentemente raggiunti.

Dalle pagine de L'espresso di questa settimana, in un'intervista, il filosofo francese Paul Virilio rilancia il tema della caduta, dell'incidente, connaturati con la velocità e il progresso. E' proprio l'aspetto "depressivo" che l'uomo moderno non vuole contemplare e che rientra inaspettatamente nella storia facendo lo sgambetto all'efficienza di una tecnologia che vorrebbe essere numinosa.

Del resto Jung, oltre alla pratica magica "difensiva", legata alla necessità di allontanare la paura, individuava un aspetto trasformativo della magia stessa. Alla seduzione della "bacchetta magica" (o del telecomando…universale, che "apre" ad ogni possibilità) si può contrapporre una funzione trasformativa della conoscenza, che attraverso il processo di simbolizzazione, non solo rende possibili i significati dell'esistente, ma ne crea continuamente di nuovi. Secondo tale prospettiva la magia da elemento di disordine può diventare mezzo di sperimentazione diretta dei poteri e delle risorse dell'inconscio.

Il riconoscimento dell'inconscio ha reso possibile, pur nella fatica dell'esplorazione operativa, la conoscenza, appunto magica, di un mondo di immagini, di sogni. Non a caso il dizionario etimologico recita: màgo, voce dotta - per Erodoto 'sacerdote persiano che interpreta i sogni'.

Non possiamo però fare a meno di condividere il rammarico espresso da Eco per quanto riguarda la scienza in generale, rilevando che neppure la psicologia è stata risparmiata dall'abbraccio delle aspettative magiche ("difensive", aggiungeremmo noi). E ci dispiace constatare che, secondo quanto emerge dall'interessante analisi esposta da Blandino (Il "parere" dello psicologo. La psicologia nei mass media, Cortina, 2000), stampa e programmi radiotelevisivi ci rimandano, traendola dal pensiero comune, l'immagine confusa e riduttiva di una psicologia banalizzata in una modalità adattativa piuttosto che trasformativa.