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La solitudine e i suoi effetti sulla salute

solitudineLa solitudine è più di un sentimento: per gli anziani, l'isolamento sociale percepito (“Perceived social isolation” o PSI) è un grave rischio per la salute che aumenta il tasso di morte prematura fino al 14%.

I ricercatori conoscono da tempo i pericoli della solitudine, ma i meccanismi cellulari attraverso cui essa provochi esiti negativi per la salute non sono stati ben compresi. Ora un team di ricercatori di importanti Università statunitensi (University of Chiacago, UCLA, California Nazionale Primate Research Center) ha pubblicato uno studio su Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America (PNAS) in cui si sostiene che la solitudine provoca una risposta di tipo “attacco o fuga” nel soggetto, con l’attivazione di un arousal elevato che può influenzare la produzione di globuli bianchi.

Precedenti ricerche avevano individuato un legame tra la solitudine e un fenomeno chiamato CTRA (“conserved transcriptional response to adversity”), caratterizzato da una aumentata espressione di geni coinvolti nell'infiammazione e una ridotta espressione di geni coinvolti nelle risposte antivirali. In sostanza, le persone sole avrebbero una risposta immunitaria meno efficace rispetto alle persone non solitarie.

Un precedente studio della University of Chicago aveva introdotto lo strumento di misurazione del livello di PSI (qui) utilizzato per la misurazione anche in questo studio che, condotto sia su esseri umani sia su macachi Rhesus, ha esaminato l'espressione del gene nei leucociti, cellule del sistema immunitario coinvolte nella protezione del corpo contro i batteri e virus.

Oltre a confermare i risultati precedenti in relazione al CTRA, sono anche emerse alcune nuove informazioni importanti sull’effetto della solitudine sul corpo.

In primo luogo, i ricercatori hanno scoperto che la essa è risultata predittiva relativamente all'espressione genica (CTRA) misurata a distanza anche maggiore di un anno. È interessante notare anche il meccanismo inverso, ovvero che l'espressione genica CTRA è predittivi del livello di solitudine futuro. L'espressione genica dei leucociti e la solitudine sembrano avere un rapporto reciproco, suggerendo che ognuno può contribuire a propagare l'altro nel corso del tempo. Questi risultati sono stati specificatamente attribuiti al livello di solitudine e non potevano essere spiegati da altre situazioni presenti quali depressione o stress.

Successivamente, il team ha studiato i processi cellulari che collegano l’esperienza sociale al CTRA in un gruppo di macachi rhesus classificato come ad alto isolamento sociale percepito. Come nel caso degli umani, anche le scimmie hanno mostrato una maggiore attività CTRA. Inoltre hanno mostrato livelli più elevati del neurotrasmettitore coinvolto nella reazione “attacco o fuga”, la noradrenalina.

Infine, i ricercatori hanno determinato che questo cambiamento ha avuto conseguenze reali per la salute. In una simulazione di infezione virale nelle scimmie, l'espressione genica antivirale alterata nei soggetti solitari ha consentito al virus dell'immunodeficienza delle scimmie (la versione dell'HIV che attacca i primati) di crescere più velocemente sia nel sangue sia nel cervello.

Presi insieme, questi risultati supportano un modello causa/effetto in cui i "segnali di pericolo" attivati ​​nel cervello dalla solitudine influiscono, in ultima analisi, sulla produzione di globuli bianchi e contribuiscono ai rischi per la salute.

Obiettivo del prossimo studio del team è comprendere come possano essere prevenute le conseguenze sulla salute di un elevato livello di solitudine.

L’articolo in full text è scaricabile qui.