di Pietro Caterini
Chi non spera nell'insperabile non l'otterrà. Quante volte ho sentito citare questa frase da Patrizia. Tutte le volte che le dicevo: “Ascolta Patrizia, così non si può fare, è impossibile!” E poi, con mio stupore, riuscivamo a raggiungere esattamente quello che lei aveva immaginato.
Aveva ragione lei: si poteva fare, ma noi lo capivamo solamente dopo.
La Patrizia era così, la sua esperienza dell'umano e il suo intuito le consentivano di avere una visione della vita da scovare sempre, rispetto ai problemi e le difficoltà, una strada originale e nuova. Anche in Gestalt. Per anni sono stato uno dei sui co-conduttori dei gruppi ad orientamento gestaltico-analitico. E arrivavano queste domeniche mattina alle 9.30: ci sedevamo in cerchio, percepivo i sentimenti che attraversavano me e il gruppo, stanchezza, rabbia, tedio, dolore, entusiasmo di essere lì. Dopo il minuto di silenzio il gruppo cominciava a parlare e qualcosa sarebbe successo in modo imprevedibile, non solo per le caratteristiche specifiche di questo tipo di gruppi, ma perché conduceva lei. “Cosa sta dicendo?” - mi domandavo - “Non c'entra niente”. Provo a correggere la direzione, non me lo consente (ti pareva!). Il gruppo precipita nel caos. Patrizia dice delle cose incongruenti… resto a vedere. E poi il disagio che attraversava il gruppo prende nome, il lavoro procede con tutta la sua forza e ci ritroviamo tutti insieme con una forma precisa, solidi, coerenti. Ah… quello confuso ero io!
Patrizia metteva a dura prova la nostra relazione con lei sia come collaboratori che come allievi. Non consentiva a nessuno di tirarsi indietro rispetto alle sfide della vita. Non temeva l'odio, la fatica, i giudizi della gente, le critiche delle persone a lei vicine. Ci sosteneva fortemente nel confronto con la realtà. Data una forma ai desideri, il suo intento è sempre stato quello di sostenere gli altri (pazienti, allievi, colleghi) nel realizzare i propri desideri. Patrizia aiutava le persone a farcela nella vita.
Mi ricordo i nostri ultimi incontri su un'assolata terrazza romana che non era luogo di mondanità, ma quasi lo sembrava: la terrazza della sua camera d'ospedale. Parlavamo di libri, dalle ultime pubblicazioni scientifiche ai romanzi storici. Le vacanze, come stanno i figli, la programmazione didattica, un interessante caso clinico. Con pudore accennavamo alla sua salute, nella chiarezza che era possibile alla sua scienza e a quella dei medici. Patrizia portava la sua malattia con disinvoltura, con un foulard attorno al collo, sfidando il male e le diagnosi infauste.
Patrizia ha avuto una vita appassionata da un punto di vista intellettuale e sentimentale, ha fatto tante cose tra cui, la più importante per noi, l'aver fondato la Scuola di Psicoterapia Comparata.
La Scuola eredita l'opera umana, intellettuale e clinica della Dott.ssa Adami Rook e si impegna e si onora di portarne avanti il lavoro.