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La forza persuasiva dei soldi

La notizia
Oltre ai kalashnikov Mujahddin a Kabul, anche grazie alla forza persuasiva dei soldi. Kabul. La ''liberazione di Kabul'', come la chiamano i nuovi conquistatori del Fronte unito antitalebano, non è frutto solo dei raid alleati o degli assalti dei Mujaheddin. Oltre alle cannonate, hanno pesato sulle sorti della battaglia i salti dell'ultima ora sul carro dei vincitori, i rapporti personali, spesso di famiglia, tra comandanti dei fronti avversi e il valore del denaro che compra i disertori: 50 dollari per un soldato, 100 per un ufficiale talebano, somme ben più elevate per i veri capi.
''Il Foglio di martedì 14 novembre 2001

Il commento
E' difficile non porsi in una prospettiva psicoanalitica mentre immagini ed eventi, che ci giungono da territori poco conosciuti, occupano molta parte del nostro immaginario e ci inducono anche a chiederci se è lecito usare i nostri strumenti quotidiani per "pensare" altri mondi. Forse quasi inavvertitamente modificheremo e adatteremo i nostri strumenti. Per ora, come psicoanalisti, vedere con occhio psicoanalitico, ci permette di difenderci dalla troppa sofferenza e di porci nella situazione mentale di sentire ed indurre, nonostante tutto, speranza.

E' forse superfluo, in questo contesto di comunicazione, ricordare come, sia la psicoanalisi delle origini che quella successiva, legge ciò che accade nella psiche degli individui che costituiscono gruppi di combattimento. Possiamo accennare agli eventi più importanti: la regressione a fasi di funzionamento infantile con le difese corrispondenti più primitive come la proiezione del male nel nemico, la negazione del pericolo e della paura, l'identificazione nel comandante e nell'invulnerabilità del gruppo, l'eccitazione molto alta che difende dal pericolo della compassione, il passaggio all'atto di gruppo in cui l'aggressività persecutoria potrà togliere i freni per l'esecuzione di trucidezze impensabili ecc.Ma ciò non è evidente a tutti; invece possono saltare agli occhi altri segni: la guerra può essere vissuta per lunghissimo tempo come gioco e come lavoro e rendere contenti; chi in guerra non vorrebbe proprio esserci, come molti di noi qui a guardare ad Oriente, non fa che occuparsi delle guerre altrui con godimento. E' stupefacente la banalità e ripetitività di queste ricorrenze.

C'è un bellissimo film/documentario francese sul comandante Massud capo dei mujaheddin che racconta per immagini e interviste un ventennio di battaglie tra le montagne afgane. E' notevole l'impatto con l'aria apparentemente felice di uomini che dovrebbero essere distrutti da fatica e sofferenze. Si pensa: la guerra può rendere felici, se non fosse così non sarebbe preferita ad altre soluzioni. Ad un soldato viene chiesto: "Perché combatti?" "Non lo so, lo sa il comandante".

Se la guerra perdura vuol dire che ci sono ragioni psichiche dell'essere mano, più forti di ogni apparentemente ragionevole modalità di pensare ed agire con altri strumenti e questo vediamo nei miti e nella realtà. E' anche più facile che questo avvenga dove i bambini crescono tra le bombe e il lavoro quotidiano fondamentale è quello di combattere. Però in mezzo al fumo e agli scoppi ci sono altri intrighi; il gioco della guerra totalmente agito in campo di battaglia si avvia a trasformarsi in scambio di denaro e uomini.

Ho sentito raccontare che c'è un gioco permesso tra le tribù afgane, in cui, non il pallone viene conteso ma il corpo decapitato per l'occasione di una capra (non ho mai visto un esempio più eclatante di lotta per il possesso dell'oggetto primario). Ma nel momento in cui ci si scambia denaro invece che pugnalate, la più primitiva violenza e paura ha una sosta.

Guardando il documentario/film sopraccitato altre cose mi colpivano oltre l'apparente o reale vitalità e gioia di vivere dei combattenti e la loro capacità di trovare momenti per la musica, la poesia, la convivialità: che tutto questo non era diverso nei racconti che mi è capitato di leggere sulle guerre partigiane in Italia; lo stesso piacere di segnare il territorio, di conquistarlo al di là della sua importanza e l'esclusione totale dell'elemento femminile anche se il cibo viene confezionato, servito, dove quando non si sa; un accudimento assicurato e invisibile (come non vedere la fiducia che la mamma ci sarà sempre a proteggerci ma visibilmente solo quando vogliamo noi?).

Ma 20 anni di guerriglia possono anche stancare e rendere meno esaltante la guerra per chi sopravvive. Come la droga dopo parecchi anni. Nell'ultima intervista del comandante Massud, prima di essere assassinato, a settembre scorso, Massud si ricorda dell'analfabetismo delle donne e delle armi della cultura.

Quando succede questo? Quando l'imperituro gioco della guerra ha perso la tensione iniziale, quando la stanchezza dei gruppi che si affrontano rischiano di far scivolare tra gli individui la depressione. Il capo fa un sogno "politico" e ora un articolo ci racconta delle trasformazioni della lotta, dei tentativi di vendere e comprare uomini. Vuol dire che il gioco con i soldi sarà meno cruento?, Sì, sebbene possa essere terribilmente crudele.

La psicoanalisi ci insegna che tutta l'area degli scambi economici, in una gamma assai grande di variabilità qualitativa, è supportata da un funzionamento mentale che rivisita la fase anale dello sviluppo infantile. La variabilità qualitativa vuol dire che si può trovare in persone diverse una capacità di simbolizzazione inesistente o molto raffinata, però l'opposizione è ugualmente dominante. Soltanto che la violenza viene pensata ed agita con modalità meno totalmente distruttive; invece delle bombe, qualcosa che ricorda la materia fecale, per l'occasione rivestita di lucentezza e seduzione: il denaro, cui è comunque attribuito qualità di salvezza ed onnipotenza.

Poter pensare con Freud che ogni esplosione della pulsione di morte possa avere una tregua, che ci sia una maggior capacità individuale e collettiva di simbolizzazione, che diversi intrecci tra le forze di costruzione e riparazione e la tentazione di distruggere e morire si rendano visibili, ci permette di cercare nella ripetizione degli eventi la possibile unicità dei percorsi evolutivi.