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Lolita, il Cavaliere e l'Ordine dei Buoni Padri

La notizia
Il Cavaliere: Via le prostitute dalle strade!
La Stampa, domenica 6 maggio 2002

Il commento
Nel tentare di commentare questa notizia, dovendo in un qualche modo prescindere da una valutazione politica,di ininfluente interesse in questa sede, non riesco a fare a meno di ritornare insistentemente col pensiero a due ' libere associazioni 'che ho fatto, leggendo la notizia.Come tante libere associazioni, mi sono suonate apparentemente dissintone, inappropriate, incoerenti.

Una riguarda l'aneddoto di Salomone che, richiesto da due donne che gli mostravano un neonato, di stabilire quale tra loro fosse la madre vera, quale la menzognera, propose loro di tagliare a mezzo il bimbo e di prenderselo, metà all'una , metà all'altra. Subito, la sedicente madre, pur di possedere il bambino, rivendica per sé la metà, il corpo straziato.Mentre la vera madre, purché il piccolo viva, accetta di lasciarlo all'altra, purché integro.Questa diviene la prova per Salomone il saggio, di chi sia la madre autentica, quella che preferisce la vita al possesso mortifero. Quella che pone al centro del suo interesse emotivo una concretezza indiscutibile:la vita del figlio.

L'altra libera associazione riguarda, invece, una nota di Vladimir Nabokov a proposito del libro "Lolita". La prima ispirazione, scrive l'Autore, nacque in qualche modo quando lessi su un giornale come una scimmia al Jardin des Plantes, dopo mesi di blandizie da parte di uno scienziato, avesse prodotto il primo disegno a carboncino mai eseguito da un animale: questo schizzo raffigurava le sbarre della gabbia occupata dalla sfortunata bestia. L'impulso che cito non aveva alcun nesso specifico con la successiva evoluzione dei miei pensieri, evoluzione che ebbe come frutto, tuttavia, un prototipo del romanzo…
(V. Nabokov, Lolita, Mondatori Milano 1966, pag 9 ).

Prostituzione sulla strada, prostituzione nelle case chiuse: violenza esplicita nel primo caso, violenza occultata, celata e forclusa nel secondo.

Violenza comunque. La stessa di quelli che vogliono lapidare Safyia per adulterio, o rinchiudere i malati mentali nelle equivalenti case chiuse, i manicomi.

Una violenza che sembrerebbe connessa al dare per scontato che non possa essere operata dallo Stato alcuna trasformazione culturale intorno alla relazionalità affettiva tra i sessi. Eppure, negli anni, abbiamo avuto l'educazione all'alfabetismo con la scuola dell'obbligo, l'educazione sessuale nelle scuole elementari, quella, sempre svolta a livello scolastico, all'educazione alla salute . Persino i malati mentali, categoria verso la quale il pregiudizio e la sfiducia sociale è stata, per secoli, gravosissima, hanno, faticosamente,visto almeno il tentativo di una modulazione dell'atteggiamento mentale del gruppo, dei media e, alla fine, dello Stato.

Persino verso la follia, così disturbante e pericolosa, si è fatto un tentativo.

A livello legislativo, con svarioni e insuccessi, si è tentato molto per i tossicodipendenti, problema che, per aspetti simile a quello della prostituzione, ha però suscitato ben altro atteggiamento. Mi pare che, al di là del successo delle misure intraprese, almeno non vi sia dubbio se mettere i tossici o gli spacciatori nelle prigioni-case chiuse!

La prostituzione,evidentemente, suscita angosce ancora più disturbanti e più pericolose, forse talmente estreme da dover ricorrere ad un meccanismo maniacale di erotizzazione dell'orrore. Pensiamo, ad esempio, alla ottocentesca definizione lessicale di 'donnine allegre ', a quella moderna di "lucciole", poveri insetti dalla vita brevissima…

E' quantomeno curioso che sia la destra che anche la sinistra, quasi l'intera classe dirigente del Paese dimostri tanta sfiducia nella possibilità d'intervento legislativo e culturale dello Stato.

Solo il mondo cristiano pare dimostrare un interesse su un piano affettivo, portando avanti un discorso di rispetto dei rapporti umani, della salvaguardia di queste donne vittime nella maggior parte dei casi di uno sfruttamento a più livelli che vengono lasciate sole, nell'indifferenza e nell'ostracismo da parte di tanti.

Berlusconi, afferma il giornale, si vergogna quando davanti ai figli assiste a questo spettacolo degradato rappresentato dalla prostituzione per le strade. La presenza dei figli gli permette di proiettare sui giovani quella parte tenera e affettuosa che si rivolta, soffrendo, davanti alla violenza, anche se mascherata dalla vernice eccitante dell'erotizzazione. Davanti ai figli prova un attimo di insight, in cui sente la responsabilità di padre sul piano personale e di padre-presidente.

Insight sul dolore, sulla degradazione di spacciare per deduttivo ed eccitante ciò che è solo violenza, prepotenza, il contrario della relazione di intimità pur basandosi sulla caricatura della seduzione. Insight sulla distruttività che indifferenza e diniego, cinismo e perversione manipolatoria comportano contro la possibilità di elaborare le difficoltà e la sofferenza.

Sofferenza legata, forse, alla consapevolezza del limite, dell'impotenza che sono connessi alla condizione umana che ripropone ad ognuno ,di qualunque sesso, il non potersi più fondere nell' "unione oceanica" una volta separati dalla madre.

Limite che il rapporto uomo donna ripropone, situandosi l'incontro, anche il più bello, come un ponte tra due rive, non come un annullamento della distanza. Basti pensare a quanta patologia sessuale sia legata al problema dell'unione-separazione. Paura ad entrare in rapporto, ma anche paura dell'orgasmo come momento che, con l'appagamento, sottolinea il ritornare ad essere separati.

Forse il rapporto cliente-prostituta vede la possibilità a monte di negare la separazione, dando,con la mercificazione, la possibilità di controllarla e dominarla, quando la prostituta è immaginata deprivata di una qualità di persona viva, altra da sé e pensata come un oggetto in magica rispondenza illusoria ai bisogni e alle fantasie dei clienti.

Davanti ai figli - parti affettive capaci di sentire il dolore mentale - viene sperimentata la vergogna, ma subito questo insight si dimostra troppo doloroso. La pena, se si guarda sotto al famoso perizoma ed eccitamenti varii, diventa devastante. Si vedrebbe una ragazza, lontana da casa, certamente infreddolita, stordita, annoiata e disperata. Queste emozioni non indurrebbero in nessuno una reazione erotica, così come non la induce vedere un gattino schiacciato. La vergogna riguarda, in prima battuta, anche la pena e la responsabilità a far qualcosa, a prendersi cura. Ma questo sentimento disturbante e destrutturante, anche se potenzialmente utile a produrre cambiamento, è troppo pesante. Comporterebbe uno stato di dubbio, un interrogarsi sulle proprie capacità politiche, personali di uomo, personali di cittadino, come in ognuno di noi, comporterebbe sentire il dolore dell'impotenza e il disagio intorno a grandi problemi: che facciamo nella relazione con l'altro? In quella con l'altra parte di noi, con il piacere e il dolore, con la responsabilità rispetto alla persecuzione e alla colpa. Tutto questo è troppo disturbante e viene allontanato tramite una difesa di stampo decisionista: rendiamo non avvenuto il fatto, rimovendolo dalla coscienza e isolandolo da ogni contesto affettivo. Non è un caso che un altro deputato parli di recludere le prostitute in un luogo isolato dove " siano possibili controlli sotto l'aspetto dell'ordine, della sanità e del fisco". Un paziente con una caratteropatia ossessiva a copertura di una violenza psicotica, non avrebbe potuto fare un sogno più significativo.

L'importante sembra essere che questi "figli" - del Cavaliere, ma anche i nostri - non vedano questo scandalo: magari vedendoselo a casa, sulle reti televisive del suddetto Berlusconi, quando si sorbettano le pubblicità, i film, l'atmosfera pornografica e manipolatoria dei vari programmi. Nella scontatezza più totale, nell'indifferenza degli adulti.

In materia sessuale, la politica del non parlare del non mostrare non è certo una novità. La politica di "vizi privati e pubbliche virtù" mi pare sia secolare. Ma, nella cultura moderna, si sta anche facendo strada la consapevolezza della pericolosità di questo occultare e allontanare i problemi, che si ripropongono poi con un conflitto tra i sessi che sta producendo patologie varie e atteggiamenti di costume che hanno aspetti preoccupanti che tornano indietro, per esempio sotto forma di disagio diffuso nei maschi a trovare un qualche altro modo di interagire, magari sul lavoro, con le donne, della cui non passività hanno più che paura, mi sembra, totale inesperienza.

Questi figli che devono essere protetti così, con l'isolamento delle prostitute nelle case chiuse, ma che devono essere esposti fin da piccoli all'esibizione visiva del nudo femminile violento in quanto non solo irrispettoso ma improprio, all'esibizione di ruoli sessuali non solo violenti per la donna, sempre oggetto del maschio, ma anche costrittivi per il maschio, che si deve conformare ad un ideale di ipervirilità, che deve stare nello stretto binario dell'ottica della performance, quella che lo vuole produttore di "durezza" in tutti i sensi.

Viene imprigionato l'immaginario femminile ridotto ad oggetto di desiderio di qualcuno, ma viene imprigionato anche quello maschile.

Non solo la psicoanalisi, anche le filosofie antiche, alcune religioni affermano il desiderio di bisessualità nell'uomo. Una bisessualità da intendersi, a mio parere come bisogno di completezza, di poter giocare fantasticamente tutti i ruoli possibili per aumentare la propria capacità affettiva, non la propria confusione. Poter immaginare tutti i ruoli possibili amplia la comprensione di tutto ciò che è umano e crea possibilità di varietà e di gioco a qualsiasi rapporto ,non solo a quelli sessuali.

Ma è soprattutto il poter immaginare che dà apertura alle possibilità. Fa anche molta paura, perché ci toglie la certezza rigida del nostro sentire per abitudine, per controllo, per possesso.

La prostituzione mi pare rappresentare il massimo della non immaginazione, della controllabilità illusoria, lì resa agita, del sopruso di uno sull'altro mascherato da seduzione. Quando la seduzione copre qualcosa di mortifero, la mancanza di legame umano, di rispetto della vitalità , non può non rivelare l'aspetto dissintono, degradato che la distruttività sempre comporta diventando volgarità.

Capisco, pian piano, l'associazione fatta con l'episodio narrato da Nabokov. Anche i nostri figli, come al Jardin des plantes, più che nelle strade, davanti alla TV che mi ha richiamato le blandizie dello scienziato, fanno come la scimmiotta.

Imparano a disegnare la loro prigione mentale, assorbendo i modelli di relazione tra i sessi, ma anche quello delle relazioni tra le persone, i modelli del legame con l'alterità, che fungeranno da binario guida del futuro adulto. Una prigione mentale che si basa sul dare per oggettivo il fatto che tra uomo e donna esista solo ed eternamente un rapporto di potere, attivo - passivo, forte - debole,violentatore - violentata, cliente - prostituta.

Che sia espressa nei termini berlusconiani, questa violenza, o nei termini del bonario S. Anselmo d'Aosta che definiva la donna "un immondo ricettacolo", questa violenza non pare aver cambiato il connotato di fondo. Georges Bataille intravede nella prostituzione una trasgressione che l'avvicina al sacro, ma arriva anche a dire che "la prostituzione è la conseguenza dell'atteggiamento femminile..Le attenzioni che una donna dedica al proprio abbigliamento, alla cura della propria persona dimostra che essa si considera un oggetto incessantemente proposto ai desideri degli uomini.." ( G. Bataille "L erotismo" Edizioni SE, Milano 1986, pag 126) .

Sembra che manchi - forse è questa mancanza la radice della violenza - la speranza di poter inserire qualcosa di vivo - un " bambino" vivo, non fatto a pezzi per esser posseduto metà per uno - nelle relazioni uomo donna così concepite. Nei secoli, la violenza e l'accanimento che il maschio ha portato avanti contro la donna, mascherato romanticamente sotto forma di protezione affettata o volgarmente sotto forma di disprezzo e assenza di spazio di dignità, sembrano rivelare una paura enorme della diversità, della frustrazione, dell'impotenza.

Tirar su i figli non significa certo proteggerli dallo spettacolo del degrado di noi adulti. Forse ha più a che fare col permetter loro, maschi o femmine che siano, di tollerare i dubbi, i fallimenti, la frustrazione e la nostalgia. Cercare di non sedurli e blandirli fino a fargli perdere le loro caratteristiche proprie, la loro "scimmietà", fino a far loro disegnare sbarre di prigione.

Vorrei chiudere con una poesia d'amore, con tutta la sensualità del desiderio e della bramosia amorosa dell'innamoramento, ma molto diversa, mi pare, dall'ottica delle case chiuse o dei perizomi. Una poesia d'altri tempi, di Saffo:

Gioia di amore
Beato è, come un dio,
chi davanti ti siede e ti ode,
e tu dici dolci parole e
dolcemente sorridi.
Subito mi sobbalza, appena
ti guardo,dentro nel petto il cuore,
e voce più non mi viene,
e mi si spezza
la lingua, e una fiamma sottile
mi corre sotto la pelle,
con gli occhi più niente vedo,
romba mi fanno
gli orecchi, sudore mi bagna,
e tremore tutta mi prende,
e più verde dell'erba divento,
e quasi mi sento,
o Agallide, vicina a morire.


(Da Manara Valgimigli Saffo e altri lirici greci ed. Il Pellicano, Vicenza, 1942 )

Forse, se passasse tra noi adulti e i nostri figli, questa dimestichezza con le emozioni, con gli affetti, con la capacità di tollerare la dipendenza e il bisogno, la frustrazione e la necessità… con la capacità di eros che è gioco, differenza e anche regola, ma mai degradazione e controllo mortifero sulle emozioni… beh, forse le case chiuse ci sembrerebbero un'altra cosa.