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Una bella guerra giusta

La notizia
Bush ultimatum all’ONU. In occasione del cosiddetto summit alle isole Azzorre fra Bush, Blair e Aznar, così titola la Repubblica riassumendo il senso di questo incontro.
La Repubblica del 17 marzo 2003

Il commento
La notizia su riportata rischia di essere terribilmente vecchia anche soltanto il giorno dopo: forse oggi la guerra è già scoppiata, forse addirittura è già finita, forse sta succedendo qualcosa di ancora più drammatico… o forse la diplomazia sarà ancora al lavoro per risolvere la questione senza spargimento di sangue.

Si tratta, comunque, di un argomento molto importante che sta sulle prime pagine dei giornali da mesi e che, forse, non ci spaventa nemmeno più tanto. Forse tutti, in realtà, desidereremmo smetterla di avere così tanta paura e vorremmo che il problema si risolvesse una volta per tutte, senza sentire più parlare di guerra, di armi di distruzione di massa, di terrorismo, di petrolio, o di potere visto che su LA STAMPA del giorno dopo un articolo titola: La guerra per il predominio del mondo sta per cominciare.

Vorremmo, cioè, che questo conflitto – che tutti i conflitti – si risolvessero in fretta e senza che nessuna soffra nemmeno un po’. (Nella stessa prima pagina di Repubblica, un po’ più in basso, c’è un altro titolo che recita: Il Papa: mai più conflitti!!)

Credo che tutti questi temi siano sul tappeto e che abbiano a che fare con aspetti emotivi comuni a tutti gli uomini, Bush e Blair compresi, e cioè la paura, l’avidità, l’aggressività, il senso di insicurezza che pervade gli americani e tutti gli uomini del pianeta dopo l’11 settembre. Una domanda che, però, sembra essere fondamentale è: può una guerra essere il mezzo giusto per risolvere i problemi, di qualsiasi tipo essi siano?

Tutti noi abbiamo il diritto di chiedercelo e di esprimere la nostra opinione, secondo alcuni la Costituzione italiana ripudia la guerra come mezzo per risolvere questioni di questo genere e afferma che possa essere consentita soltanto come mezzo di difesa, la pensano in questo modo i pacifisti senza se e senza ma, ed è grazie a questo paletto costituzionale che un leader come quello italiano riesce, per adesso, a rimanere fuori da ogni coinvolgimento diretto, anche se, in realtà, il Presidente del Consiglio italiano sembra essere d’accordo con gli interlocutori che, di volta in volta, si trova di fronte. Secondo altri, invece, ci sono delle plausibili ragioni per essere d’accordo con l’uso della forza.

Ho rivisto in questi giorni un lavoro di Freud: un breve scambio epistolare con Einstein del 1931 in cui il fisico europeo gli chiedeva un’opinione sulla guerra e sui possibili modi per evitarla. È un lavoro interessante perché esprime il punto di vista di Freud su alcuni aspetti della questione: da una parte Freud si trova d’accordo con Einstein quando afferma che Una prevenzione della guerra è possibile solo se gli uomini si accordano fra loro per costituire un’autorità centrale, al cui verdetto vengano deferiti tutti i conflitti di interesse. È evidente che sono qui compendiate due esigenze diverse: quella di creare una simile Corte suprema, e quella di assicurarle il potere che le abbisogna. La realizzazione di una senza l’altra non servirebbe a niente.

Più avanti Freud afferma anche che non tutte le guerre sono uguali: ci sono guerre di conquista come quelle dei Mongoli o dei Turchi che hanno arrecato solo calamità… e il cui solo obiettivo era quello di sottomettere popolazioni e territori, e ci sono guerre di conquista che hanno portato a risultati più nobili e desiderabili.

Cita, ad esempio, le guerre che hanno portato alla cosiddetta Pax Romana nei paesi del mediterraneo, o le guerre di conquista in cui […] la cupidigia dei re francesi di ingrandire i loro possedimenti ha creato una Francia fiorente e pacificamente unita. Ancora afferma come si debba ammettere che la guerra non è di per sé un mezzo inadatto alla costruzione della agognata ‘pace eterna’, poiché potrebbe riuscire a creare quelle più vaste unità al cui interno un forte potere centrale rende impossibili guerre ulteriori.

Freud aggiunge, però, che – comunque – anche se i risultati immediati possono essere considerati positivi, si tratta di condizioni che, proprio perché ottenute con la violenza e la sopraffazione, si disintegrano per lo più a causa della insufficiente coesione delle parti unite forzatamente.

Chissà, forse G. W. Bush ha in mente proprio questo: creare gli “Stati Uniti del Mondo” in cui tutti gli uomini e i popoli sono tranquilli, sicuri e non violenti sotto la supervisione di un capo, questo sì, un po’ violento, ma suvvia non si può pretendere tutto…

(Alcune opere di un grande scrittore di fantascienza, Philip K. Dick, sono terribilmente anticipatrici di un mondo diviso in due in cui c’è qualcuno che si “preoccupa” di fare rispettare la legalità e i diritti di ognuno… naturalmente con qualunque mezzo!) Sembra proprio che oggi l’ONU sia quella Corte suprema di cui sopra che consente di agire in maniera aggressiva, avida e violenta con l’illusione di non commettere in prima persona alcun atto aggressivo, avido o dettato soprattutto dalla paura. G. W. Bush, invece, sembra non aver bisogno di nessuna autorità superiore per esprimere la propria paura, la propria avidità e il proprio potere e quindi, con una coerenza che si potrebbe definire un po’ perversa ribalta la situazione e pone un ultimatum all’autorità a cui deve sottostare.

Egli deve “finire il lavoro” iniziato dal padre 12 anni fa e con la scusa della democrazia da esportare in Irak, spinto dal terrore che si possa ripetere un altro evento come quello del settembre 2001 e ispirato da interessi economico – petroliferi non trascurabili, si appresta a iniziare una guerra (e – drammaticamente – speriamo che sia lampo) senza troppi problemi.

Un aspetto che forse può dare qualche speranza è che ci sono stati, in questa occasione, alcune persone che hanno avuto – fino a ora – la forza e il coraggio di dire no: i capi di Stato della Francia e della Germania (e altri) hanno rifiutato di aderire alle pretese e alla volontà del più forte. La cosa in sé, forse, non impedirà la guerra, ma è un segnale importante riguardo alla possibilità che ognuno di noi ha, sempre, di dire no quando esistono buone ragioni per non cedere alla forza del più forte.