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La separazione e la morte

La notizia
Tragedia della follia a Genova. Un ispettore di polizia ha ucciso martedì sera a colpi di pistola, prima la moglie, poi i suoi due figli, di otto e quattro anni, e infine si è ammazzato. È accaduto nell'abitazione del poliziotto, in via Cornigliano a Genova. LA STRAGE - L'ispettore si chiamava Saverio Galoppo, aveva 47 anni ed era in servizio alla squadra informativa dell' ufficio di gabinetto della questura. La moglie, Assunta, aveva 43 anni. La figlia maggiore aveva otto anni, il figlio minore quattro. La follia dell'uomo è esplosa in tarda serata. I vicini di casa hanno udito diversi spari e, allarmati, hanno chiamato 113 e 112. Sul posto sono accorse pattuglie della polizia e dei carabinieri, che hanno cercato di entrare nell'abitazione, la cui porta d'ingresso era chiusa dall' interno. In un primo tempo si era ritenuto che l'uomo si fosse barricato in casa. Quando però gli agenti sono riusciti ad entrare nell'appartamento, nel popoloso quartiere di Cornigliano, hanno trovato soltanto i cadaveri dei quattro.
La Repubblica, mercoledì 9 luglio 2003

Il commento
Capita sempre più spesso di leggere notizie come questa e – sempre – si ritrova nella cronaca che riporta la notizia, la testimonianza di qualcuno che conosceva bene l’autore del delitto, che si trattava di una persona normalissima, del tutto a posto.

Questo caso non fa eccezione, un superiore del poliziotto afferma: “ S. non aveva mai dato segni di squilibrio – ricorda il questore di Genova che lo aveva fra i suoi collaboratori – era un uomo tranquillissimo”. Non c’è motivo di mettere in dubbio questa affermazione, è molto probabile che il comportamento dell’Ispettore di Polizia sia sempre stato normale e molto controllato e che, osservandolo in ambito lavorativo o sociale, non ci fosse modo di pensare che, dentro, qualcosa si fosse spezzato.

La cronaca ci racconta che l’uomo ha ucciso la sua seconda moglie e che questo secondo matrimonio era finito da alcuni anni dopo che il Giudice aveva accolto la domanda di separazione della donna e aveva ordinato all’Ispettore di lasciare la casa di famiglia. Si cita anche il fatto che una figlia trentenne avuta dal primo matrimonio era gravemente malata e che questo aveva sottoposto l’uomo ad una grave situazione di stress.

Ho letto un articolo sullo stesso fatto su un altro quotidiano di Genova, IL SECOLO XIX, e ci sono due differenze: la figlia gravemente malata non è quella del primo matrimonio, ma è una di quelle uccise, e la donna lavorava presso la Regione come impiegata, (su Repubblica la donna era impiegata alle Poste). Potrebbero sembrare differenze superficiali o non importanti, ma quando si cerca di capire il perché di un fatto così grave anche i particolari sono importanti. Affiorano naturalmente alcune domande: perché? Quell’uomo è improvvisamente impazzito? Si poteva fare qualcosa prima? Non credo sia facile rispondere alle prime due domande, la lettera che – pare – l’uomo abbia lasciato può forse dare qualche indicazione sui motivi ultimi di disperazione che lo hanno spinto a questo gesto, può sicuramente darci un quadro dello stato emotivo e mentale dell’uomo poco prima del delitto, è comunque la dimostrazione che, se si fosse trovato il modo di affrontare la questione prima, forse non ci sarebbe stato un esito così grave.

E allora, credo si possa dire che si poteva fare qualcosa prima: a quest’uomo è successo un fatto che è frequentissimo nella nostra società (la Liguria, poi, è una delle regioni d’Italia con il più alto numero di separazioni e divorzi), si è separato e ha divorziato, aveva dei figli e il Giudice ha stabilito le regole della separazione.

Una separazione fra due coniugi non è mai un evento che si supera facilmente, tante volte può essere vissuto – da uno o da entrambi – come un’autentica liberazione, ma più spesso è una vera tragedia, se non esteriormente sicuramente interiormente scorrono fiumi di emozioni del tutto incontrollate: si è arrabbiatissimi, infuriati, ci si sente ingannati, offesi, abbandonati, falliti, si diventa all’improvviso gelosi e invidiosi come mai avremmo potuto pensare…

Tutte queste emozioni “cattive” come e dove trovano una possibilità di espressione, una opportunità di elaborazione e trasformazione? A chi i coniugi che si vogliono separare possono rivolgersi per cercare di comprendere l’autentico terremoto emotivo che li sta scuotendo da dentro?

In Italia esistono due vie per separarsi, se non si trova autonomamente un accordo si va davanti ad un Giudice che gestisce come può il conflitto, considera quale può essere l’interesse dei figli minori e sancisce le regole formali e sostanziali della separazione. Questo accade fra coniugi “litigiosi”. Oppure accade che i coniugi riescano autonomamente a trovare un accordo e, risparmiando un po’ di soldi per gli Avvocati vanno davanti al Giudice soltanto per ottenere l’omologazione dei termini della separazione. Quello che accomuna questi tipi di procedimenti di separazione è che - quasi sempre – i coniugi sono soli a gestire le loro, molto spesso, violente e dolorose emozioni, l’unico soggetto con cui si trovano ad avere a che fare è la Legge, sotto forma di Avvocato o di Giudice.

Potrebbe essere invece molto utile prevedere una qualche forma di aiuto alla separazione che - sempre - assista i coniugi in questa occasione: non si tratta di obbligare ad una psicoterapia o ad un qualche trattamento delle persone, si tratta soltanto di prendere in considerazione l’opportunità di avere una serie di colloqui con un professionista appositamente formato che aiuti a esprimere l’aggressività e la rabbia che naturalmente si sviluppano in momenti come questo. Non si tratta di stabilire chi ha torto o chi ha ragione, chi deve tenere con sé i figli, o a quanto ammonterà l’assegno di mantenimento. Si tratta di concedersi un po’ di tempo per pensare, in un ambiente protetto, a quello che sta succedendo, al fatto che una separazione addolora e ferisce profondamente, ma che c’è ugualmente la possibilità di andare avanti senza pensare soltanto di avere fallito su tutta la linea nella propria vita.

Se ciò non avviene, capita che il confronto sia esclusivamente una lite feroce, una guerra per vedere l’altro annientato e punito e non è strano che capitino fatti come quello di Genova anche dopo anni: alla fine uno non ce la fa più a tollerare la propria sofferenza solitaria e deve fare qualcosa, questo qualcosa non può essere altro che un’azione aggressiva o distruttiva rivolta contro di sé o contro le persone … a cui si vuole più bene.

In questo senso, dicevo, sarebbe opportuno dare la possibilità di “litigare civilmente” ai coniugi in via di separazione, esiste la possibilità di rivolgersi ai cosiddetti Mediatori Familiari che appunto hanno questa funzione. Non sarebbe molto complicato imporre – proporre ai coniugi di affrontare, almeno ora che si stanno separando, la loro relazione, non si riuscirebbe a risolvere tutto, ma sono certo che si riuscirebbe a evitare che si verifichino così spesso fatti come quello dell’altro giorno a Genova.